Vivere semplice: con i figli, con se stessi
«Che i nostri figli abbiano sei mesi o sedici anni, in ogni momento abbiamo l’occasione di chiederci che tipo di genitore siamo e come vorremmo essere: libertari, direttivi o autorevoli. Una cosa è certa: se la risposta che ci diamo non ci convince, possiamo ricominciare tutto da capo e metterci in discussione a qualsiasi età. Serve un po’ di coraggio per fare dei cambiamenti, ma potremmo scoprire che ne vale la pena.
Io sono stata un pessimo genitore: ho strapazzato i miei figli, ho detto loro che erano degli incapaci, ho fatto tutto ciò di cui un genitore alle prime armi poi si pente. I miei fallimenti sono stati un’occasione per lavorare su me stessa e avere delle intuizioni che hanno trasformato non solo il mio modo di essere genitore ma tutta la mia vita.
Il fatto è che non sapevo molte cose: non sapevo che ogni figlio avrebbe imparato dai miei gesti e non dalle mie parole, che avrebbe avuto fin dai primi mesi di vita la capacita ̀di leggermi dentro e riconoscere ogni mio stato d’animo prima dal mio respiro e poi dal mio tono di voce. Non sapevo che il ritmo del suo cuore si sincronizzasse con il mio quando allattavo o quando cantavo, e che l’attenzione esclusiva che chiedeva mi dava l’opportunità di conoscere me stessa attraverso il suo sguardo e il suo modo di stare al mondo.
Oggi so che bambini e ragazzi, anche con le loro difficoltà, ci offrono su un piatto d’argento la possibilità di smussare i nostri difetti e modificare le nostre abitudini, affrontando i sensi di colpa, la paura di sbagliare e la sensazione di non dare mai abbastanza.
ll nostro modo di essere e di vivere influenza in maniera radicale la loro vita, ma anche i bambini ci possono benevolmente influenzare con la loro innata saggezza. Se abbiamo orecchie per ascoltare, i bambini ci insegnano ad essere più calmi, efficaci e soddisfatti, anche quando sembra che non ci sia il tempo per essere dei genitori equilibrati e felici.
Mi piace pensare che i genitori possano diventare come dei fari per i loro figli: che stanno lì, solidi, presenti e imperturbabili. Fermi e capaci di guidare in porto la barca in caso di burrasca. Lo sguardo aperto, senza aspettare niente, senza aspettarsi niente.
È vero: bambini e ragazzi hanno comportamenti sempre più oppositivi e che non capiamo. I permissivisti fanno orecchie da mercante, i fautori della disciplina sono fuorimoda, e noi genitori navighiamo con il mal di mare… altro che faro, siamo in mezzo all’oceano. Ma tocca a noi chiederci cosa non sta funzionando nella relazione con loro.
I nostri ritmi quotidiani sono frenetici, gli impegni sproporzionati, imponiamo ai bambini un mondo che non ha niente a che vedere con loro. Pretendiamo che i nostri figli siano ragionevoli come degli adulti, li coinvolgiamo in questioni che non dovrebbero riguardarli, al tempo stesso non riconosciamo loro responsabilità e incarichi che potrebbero svolgere da soli. Il tempo e lo spazio per il gioco sono ridotti se non assenti, per non parlare della possibilità di giocare “rumorosamente”. Per bambini e ragazzi è sempre più difficile fare amicizia, giocare faccia a faccia e stare insieme, a causa della tecnologia – smartphone, tablet e videogiochi – cui sono perennemente connessi.
Non c’è alternativa: sono i tempi in cui viviamo, dobbiamo accettarli, o possiamo darci una scrollata e andare alla ricerca di una dimensione più umana?
Come possiamo crescere i nostri figli liberi da conformismo e consumismo senza tuttavia privarli della “normalità” di cui hanno bisogno?
Per trovare delle risposte dobbiamo prendere contatto con noi stessi e capire cosa ci allontana da un rapporto autentico e fruttuoso all’interno della famiglia.
Vogliamo essere portatori sani di valori, il che non significa trasformare i nostri figli secondo idee e ideali preconfezionati. Al contrario dobbiamo aprirci all’impensato, avere coraggio ed essere curiosi, non avere paura di essere bizzarri, essere pronti a crescere insieme a loro. Questo è il viaggio che ci condurrà, non senza pericoli e sobbalzi, in un porto sconosciuto di cui potremo, eventualmente, farci faro.
La bussola che suggerisco di usare è questa: per affrontare la vita in tutta la sua complessità occorre essere disposti a mettersi in gioco, non tirarsi indietro di fronte alle sfide che la genitorialità ci presenta, stabilire le priorità e dare valore all’essenziale, con leggerezza e senza prenderci troppo sul serio. Gettare a mare tutte le sovrastrutture e togliere, togliere finché non si arriva a quel che conta davvero. Si tratta di “sentire” di più la vita, ascoltare cosa ci vogliono dire gli accadimenti, non lasciarsi abbindolare dalle circostanze e stare allerta nel cogliere i segni e gli indizi di ciò che ci rende persone intere, realizzate. Si tratta, in poche parole, di vivere con meno per vivere meglio, sbarazzandosi di tutto il superfluo che ingombra la nostra mente e le nostre giornate fino a renderle una corsa impossibile.»
Sabrina D’Orsi